Che amore!!

Quasi una malattia, dove i malati sono contenti di esserlo, dove i malati (leggi fumatori) sono orgogliosi delle proprie pipe, che se si incontrano con un altro fumatore non hanno nessun imbarazzo a fraternizzare, ad annusarsi reciprocamente il fumo, a scrutare la pipa dell’altro per vedere, con orgoglio se la propria è più bella, a scambiarsi consigli su miscele di tabacchi, su marche di pipe. Una vera piccola loggia, dove si è tutti fratelli “tutti per la pipa… una pipa per tutti”.

Si comincia nei modi più svariati: chi stanco e avvelenato dalle sigarette: chi obbligato dalla moglie che, non volendo rimane presto vedova, regala al marito “sigarettaro” una pipa, accollandosi questa piccola rivale che sa che la ruberà un po’ d’affetto del marito, e languirà quando lui tornando a casa stanco, troverà solo il tempo di curarsi delle sua care pipe; chi invece affascinato semplicemente dall’oggetto. Sta di fatto che tutti coloro che si accostano al fumare la pipa, vuoi per simpatia o in alternativa alle sigarette, ne rimangono tanto affascinati da diventare essi stessi inconsciamente, veicoli pubblicitari per le pipe e le miscele di tabacco che, a lungo andare ogni fumatore di pipa è riuscito a comporre.

Alcune piccole note: l’Italia è il paese dove si producono le migliori pipe al mondo e la fascia mediterranea è la parte dove c’è la migliore qualità di radica (materi prima); vedremo in seguito un po’ tutte le fasi della lavorazione, dalla raccolta, al prodotto finito. E poi basta citare solo due persone: Pertini e Bearzot, due persone che vogliono dire Italia, successo ed insieme.. pipe, una passione comune. Tutte le pipe sono fatte in radica, che è una piccola malformazione del legno che nasce proprio sotto il colletto della terra, ma viene utilizzato sollo quello di un tipo di pianta: l’erica arborea, un piccolo cespuglio che non supera i due metri di altezza, e solo questa parte molto nodosa viene utilizzata, questa parte: ciocco, viene portato in segheria, dove successivamente viene segato a spicchia: abbozzi, bolliti per circa dodici ore, e stagionati per anni, poi dopo questo lungo riposo sono pronte per essere lavorati. Ma per questa parte molto complessa parleremo più largamente più avanti, perché è un argomento molto vasto ed affascinante che merita attenzione e rispetto, per l’amorevole cura artigianale soprattutto, che segue tutte questa lavorazioni e non bisogna dimenticare questa folta schiera di artigiani che sta al di là del bell’oggetto a noi tanto caro.

Cura artigianale di un oggetto che diventa eleganza, bellezza, prestigio. Abbiamo visto in precedenza il fascino che riesce ad emanare; questo caldo messaggio fatto di sinuose curve, di caldi colori, di questa cura artigianale che viene dedicata da abili mani di bravissimi artigiani che trattano questo bellissimo oggetto.

La mano d’opera investe circa l’85%, ciò fa capire proprio la naturalezza dell’oggetto. Niente macchine dunque, se non per aiutare l’uomo nella miglior riuscita della pipa, ma è sempre la creatività dell’uomo a prevalere, rendendo ogni pezzo diverso uno dall’altro.

La materia prima si chiama radica, che non è radice, ne di quercia ne di altri alberi secolari, ma di un tipo di arbusto: l’erica arborea, una pianta tipica della macchia mediterranea, il suo maggiore sviluppo si ha proprio in Calabria, Toscana, Sardegna, Liguria e Sicilia e si presenta o in cespuglio, o alberello e non supera i due metri di altezza. Scoperta quasi per caso nella metà del secolo scorso da un artigiano francese, venne subito più ampliamente utilizzata visto gli ottimi risultati di fumabilità e resistenza al fuoco, rispetto gli altri materiali con cui prima erano fatte: faggio e ciliegio.

La radica è una malformazione della pianta che nasce tra terra e radici, è un ingrossamento nodoso, molto duro e deforme, solo questo ingrossamento viene utilizzato, esso viene chiamato ciocco. I cioccaioli che oramai sono solo 300/400 per tutto il territorio nazionale, vanno per i boschi ed estraggono questi ciocchi; che poi vengono avviati in segheria; qui altri artigiani, dei veri e propri esperti, danno la prima vera impronta alla futura pipa. Questi con perizia e notevole esperienza dividono il ciocco in spiconi, e con occhio attento e maestro riescono a capire dal fuori come può essere l’interno. È da questo taglio che la pipa verrà “fiammata” o “marezzata” o a “occhi di pernice”, ed è da qui che si decide il destino di una pipa, se essa sarà bella, anche a parità di qualità (fumatoria) potrà avere un mercato d’élitè, oppure il mercato amatoriale, diciamo medio. Poi questi abbozzi vengono bolliti in grosse pentole di rame per 12 ore e stagionali. Questo è un procedimento per far asciugare la radica in modo da renderla leggera e porosa, ottima per la fumata. Adesso vedremo le altre fasi della lavorazione “entrando” proprio in fabbrica.

Le fabbriche più importanti si stagionano da se la radica in apposite serre, in modo da fargli mantenere sempre un costante grado di umidità, che consente una migliore lavorazione. Poi selezionata in base ai requisiti di qualità e tempo di stagionatura vengono lavorati; solo i pezzi migliori e di pianta più vecchia sono fatti stagionare a lungo, altri meno, proprio i primi verranno utilizzati, scegliendoli anche in base alla loro grandezza, per le serie di migliore qualità.

La lavorazione comprende la tornitura prima del fornello e dell’esterno, l’inserimento del bocchino, la rifinitura di tutto in modo che cannello e bocchino siano un tutt’uno, infine si sceglie il finissaggio più appropriato in base alle qualità emerse.

I finissaggio posso essere da tre a cinque, secondo la fabbrica c’è il Naturale, dove la radica viene colorata chiara o lasciata naturale appunti, in modo da far emergere il colore delle venature del pezzo. che in questa versione è sempre più pregiato. Poi c’è il finissaggio, sempre liscio come il precedente ma di colore più scuro, che può essere di vari colori dal marrone al rosso cupo, ma sempre molto caldi come sensazione, e a vedersi molto belli ed eleganti.

Infine il sabbiato, quest’ultimo è realizzato a pipa finita, con un getto di sabbia calda che, per abrasione, erode tutte le parti tenere della radica, mettendone in risalto le venature. Sono delle pipe che appagano molto tattilmente, infatti consentono di “sentire”, più che vedere una bella venatura; ed oltretutto hanno dei pregi non indifferenti, innanzitutto sono delle pipe “provate”: se di cattiva qualità si bucherebbero sotto la pressione del getto di sabbia inoltre, proprio per queste escrescenze che vi si formano, la sua superficie è aumentata e quindi si raffredda più velocemente. Senza dubbio le migliori per chi comincia. Piccola variazione delle sabbiate sono le rusticate, ma non degne di attenzione, esse sono realizzate meccanicamente proprio per la scarsa qualità di cui sono fatte.

E poi finalmente il …fuoco!

Abbiamo parlato di pipe, di come sono fatte, abbiamo cercato di far capire come questo oggetto attragga, se non per la sua indiscutibile bellezza e per qualche cosa che ancora adesso ci sfugge per il suo fumo considerato il più nobile ed intelligente modo di fumare.

È un fumo diverso senza dubbio, non si aspira e si gusta tra lingua e palato, come un buon liquore, che appaga e rilassa, i nostri sensi tanto stressati dalla vita di oggi, e come prendere una boccata, più che di fumo, di tranquillità e un concedersi, una volta tanto, un attimo solo per se stessi e.. la pipa ovviamente, che diventa solo un mezzo per stare un po’ in buona compagnia di noi stessi.

Per chi volesse cominciare consigliamo due pipe, forme non eccessivamente grandi, diritte magari: si fumano meglio, anche sabbiate, che oltre ai pregi precedentemente parlati ma quello maggiore di costare meno del suo equivalente liscio. Oltre alla pazienza e dalla costanza necessari all’inizio, ci vuole anche il tabacco, medio anche questo non tropo profumato, ne di taglio troppo fine che farebbe riscaldare la pipa. E bene mettere il tabacco dentro il fornello in tre piccoli pizzichi, il primo pigiandolo leggermente, il secondo un po’ di più, il terzo ancora un po’ sistemandolo in maniera uniforme. Piccolo stratagemma: date delle tirate a pipa spenta, se incontrerete troppa resistenza, come se troppo poca, il tabacco si spegnerà, o per mancanza, o per eccesso di aria, quella giusta è un po’ come quella che provereste nel tirare una sigaretta. L’accensione è sempre un bel momento, poche o robuste bastano, cercate comunque difare accendere tutta la superficie, a questo punto il tabacco si gonfierà, ma niente paura con il “pigino” (piccolo accessorio di metallo) pigerete il tabacco, sempre lentamente, in modo da regolarvi il tiraggio. È importante dare poi delle tirate lente intervallando una dall’altra, cosi la papa non si scalderà, ed eviterete che vi pizzichi la lingua, cosa comunque normale per chi comincia. Per le pipe nuove si consiglia di non immergerle in alcun liquore, ma di fargli un piccolo rodaggio: cominciare a fumarle a metà fornello per una decina di fumate, per poi piano piano aumentare.

Così facendo si formerà uno strato di carbone che preserverà le pareti del fornello rendendo la fumata più gustosa. Se questo strato di benefico carbone è in eccesso va rimosso, perché, per dilatazione al calore potrebbe rompere il fornello. Per la pulizia la cosa è molto semplice, basta uno scovolino (un piccolo bastoncino di filo metallico e stoppa o cotone). Si smonta il bocchino dal resto della pipa e lo si introduce nel suo foro prima, e nel cannello poi. Fare questo a pipa fredda, e dopo ogni due fumate almeno. Vi sarete chiesti perché due pipe, non per coreografia, o perché soffrano la solitudine, ma per un motivo funzionale bel preciso. Qualsiasi combustione provoca umidità, l’umidità viene assorbita da questo magnifico materiale, che comunque ha un limite, quando la pipa non riesce più si dice che è stanca, e lo si sente dal gusto, che inevitabilmente peggiora. Almeno due dunque se si vuole fumare discretamente in modo che una riposi quando l’altra lavora.

A questo punto, per quanti hanno avuto la curiosità di provare quest’altro modo di fumare e per altri invece ai quali (speriamo) la curiosità è cresciuta, continuiamo a parlare di pipe… argomento infinito.

L’accezione, oltre che un momento indispensabile per l’inizio della fumata è anche l’inizio dei nostri problemi.

Infatti è legata a questo importante momento la buona riuscita di tutta la fumata. Dopo avere messo il tabacco nella maniera corretta (vedi prima) si cerca di accenderne tutta la superficie, ma attenzione, è giusto dare delle tirate lunghe affinché il tabaccosi accenda tutto uniformemente, una volta acceso però bisogna ristabilire un ritmo più tranquillo poiché, continuando in maniera frettolosa la pipa si scalderebbe troppo. Il problema non solo è di trovarsi tra le mani una pipa che scotta ma anche di incappare in altri inconvenienti: il calore eccessivo infatti potrebbe bruciare le pareti del fornello danneggiando la pipa e compromettendo la fumata che prenderebbe un sapore di legno bruciato il quale unito al fumo particolarmente caldo pizzicherebbe la lingua. Ma forse l’inconveniente maggiore è l’acquerugiola, cioè quell’umidità che si forma all’interno della pipa tra il cannello e il bocchino e questa, se in eccesso, arriva in bocca lasciando un caratteristico sapore dolciastro. È importante precisare che qualsiasi combustione produce umidità per cui è normale che anche nella pipa se ne formi, la radica infatti è come una spugna: assorbe l’umidità che si forma durante la fumata per poi asciugarsi lentamente dopo.

Ma anche le migliori qualità di radica hanno un limite di assorbimento, per questo è importante cercare di non farne formare in maniera eccessiva. Ecco qualche accorgimento per “fumare asciutto” . Innanzitutto togliere i vari “accessori” che si trovano all’interno della pipa, come per esempio i filtri di metallo che essendo appunto di metallo non assorbono e quindi non filtrano nulla, anzi, provocano non poca umidità. Altro consiglio : fumare la pipa lentamente e farla riposare a lungo. È importante anche la crosta di carbone all’interno del fornello che, saputa far formare bene nella fase di rodaggio, contribuirà sensibilmente ad alleviare il problema, essendo il carbone idroassorbente.

Esistono comunque delle pipe fornite di un piccolo filtro in materiale assorbente: un triangolino di balsa (legno moto poroso) che assorbe l’umidità.

Ma concludendo il nostro discorso, vorrei precisare che tutti questi accorgimenti sono ben conosciuti dal fumatore, io ho solo voluto dare dei piccoli consigli a quei neofiti che potrebbero lasciarsi scoraggiare dai primi normali insuccessi (come lo spegnimento o il formarsi della acquerugiola), perché credo che non sia proprio il caso di rinunciare al piacere della pipa solo per non sprecare un fiammifero in più o per qualche gocciolina formata dalla fretta.

Adesso parleremo delle più comuni forme di pipe.

Curve, dritte, corte, lunghe, piccole, grandi, la scelta della pipa è sempre un bel momento, ed è proprio per questo che ne parliamo soltanto adesso, dopo avere parlato da come nasce e come va fumata. I modelli fondamentali sono circa una dozzina più le varianti che ogni modello ha. Fra i vari modelli la differenza più immediata riguarda la forma dritta o curva della pipa. Le dritte sono delle pipe che vanno molto bene anche con tabacchi umidi, sono meno bilanciate delle curve ma hanno tra i vari vantaggi quello più importante di fare meno umidità, ed è per questo che si possono fumare più a lungo sia come durata della singola fumata, sia come numenro di fumate prima del normale riposo. Inoltre per la loro semplice forma si possono pulire più facimente e si asciugano più velocemente delle curve. Va detto anche che negli ultimi tempi hanno avuto l’unanime consenso dei fumatori che hanno rivalutato le ottime qualità. Le forme sono DRITTA CLASSICA (Billiard in inglese) con il fornello cilindrico, è il modello più semplice da fumare; esiste anche in versione curva. BOCCETTA (Apple), come la dritta classica con variante del fornello rotondo; esiste anche in versione curva. QUADRA BULLDOG, ha fornello simile alla boccetta ma presenta un riga al centro; cannello e bocchino sono romboidali; dritte e semicurve DUBLINO (Dublin), è la più leggera delle dritte, ha fornello leggermente a cono. GALLES (Prince) ha fornello come la boccetta ma più stretto verso la testa; bocchino lungo, dritto o semicurvo. OVALE (Oval), dritta con fornello ovale; dà qualche problema di combustione proprio per la forma caratteristica del suo fornello. POT, con fornello basso e largo; richiede per l’accezione qualche tirata in più; versione dritta o con bocchino leggermente semicurvo. CORNETTA (Woodstock) ha i fornello della Dublino; il cannello e il bocchino oavli; solo in versione semicurva. CANADESE (Canadian), fornello cilindrico, cannello lungo ovale e bocchino lungo e corto. LOVAT, come la canadese ma con cannello e bocchino rotondi.

Per quanto riguarda le pipe curve, va detto che hanno un bilanciamento migliore e quindi stancano meno la bocca, l’unico inconveniente è solo un po’ di umidità in più, si consiglia perciò di usare tabacchi più asciutti perché non si formi del fondiglio nella pipa.

Altre varianti, sia delle curve che delle dritte possono essere ghiere d’ottone, d’argento p d’oro sul cannello oppure una piccola strozzatura sul bocchino, chiamata sella.

Se le pipe di radica sono belle per la loro linea, per i colori caldi della radica, le pipe di schiuma sono senz’altro più affascinanti anche per quella storia e per quel mistero che le hanno sempre accompagnate. Tutto cominciò ad Eskisehir (Turchia) intorno al 1173 quando fu scoperto questo minerale(silicato di magnesio) che veniva e viene ancora oggi estratto così: a circa 200/250 km dalla costa si fanno degli scavi larghi 1,5/2 mt. Profondi anche fino a 250 mt nei quali si ramificano dei tunnel orizzontali come vere e proprie miniere. La schiuma si presenta come un grosso sasso coperto da uno strato di sabbia, il quale portato alla luce viene fatto seccare e ridotto in una forma più regolare, per poter essere meglio lavorato.
Qui a Eskisehir nasce la prima leggenda che parla di un piccolo artigiano turco il quale questi accidentalmente provò a farne una pipa con questo materiale, inizialmente usato solo per la fabbricazione di piccole sculture artistiche, e rimasto estasiato dalla qualità del suo fumo diffuse l’idea. Ma una vera testimonianza si ha solo nel 1730, si sa infatti di una bellissima pipa di schiuma donata dal sultano di Turchia al nobile ungherese conte di Audrassy. Ma se in Turchia si sapeva cosa fosse la schiuma, qui in Europa non la si conosceva ancora. Gli europei infatti le diedero il nome di seppiolite pensando si trattasse di ossi di seppia, in seguito qualcuno avanzò l’idea che poteva trattarsi di crostacei marini solidificatisi nel corso dei millenni con l’aiuto del mare. Verso il 1800 s’imparò a lavorarla in maniera adeguata per il fumo, inoltre proprio per le sue caratteristiche di morbidezza gli artigiani austriaci e francesi si sbizzarrirono a modellare questi oggetti fino a farli diventare veri e propri capolavori di scultura. Si assistette allora ad una vera e propria disputa tra le due scuole, per l’aggiudicazione del primato della migliore lavorazione e per imporsi quindi commercialmente. Ricordiamo che in quel periodo le pipe di schiuma erano destinate ai ricchi nobili per il loro costo abbastanza elevato. Ancora oggi comunque, queste pipe sono riservate solo ad una parte dei fumatori, non tanto per il costo, che adesso è ugualmente a quello delle buone pipe di radica, ma per la pazienza che occorre per fumarle.

Si consiglia infatti di fumarle con guanti di filo bianco affinché la schiuma non si macchi con le impronte ed anche per farla culotter, cioè colorare in maniera uniforme. La bellezza della schiuma infatti dipende anche dalla colorazione che si ottiene fumandola, colori che vanno dal bordeaux molto chiaro al nero, inframmezzati da mille sfumature. La schiuma per il suo fumo dolce e pulito, per le bellissime colorazioni che assume, ha estasiato ed ispirato non pochi poeti.
Riportiamo qui i versi di uno di essi:

pipe di schiuma, facce di popoli lontani

sorrisi di gente senz’anima

capace di vivere solo in un anelito di fumo.

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